Silver Bay by Jojo Moyes

Silver Bay by Jojo Moyes

autore:Jojo Moyes [Moyes, Jojo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852036125
editore: Mondadori
pubblicato: 2016-05-11T04:00:00+00:00


14

Mike

I padroni di cani smisero di farmi cenni di saluto. La prima mattina che li incrociai correndo pensai che non mi avessero visto. Forse avevo il cappello di lana troppo calato sulla faccia. Mi ero abituato ai nostri piccoli scambi mattutini e mi ero ritrovato a cercare facce familiari. Ma la seconda mattina, quando alzai la mano per salutare e loro voltarono la faccia dall’altra parte, capii non solo che non ero uno sconosciuto, ma che in certe zone di Silver Bay ero il nemico pubblico numero uno.

Lo stesso succedeva al distributore locale, quando mi fermavo per fare rifornimento, alla cassa del supermercato e al ristorantino di pesce vicino al molo. Ci erano voluti quaranta minuti e diversi richiami prima che qualcuno arrivasse al mio tavolo.

Vanessa era ottimista. «Succede sempre che qualcuno arruffi le penne» disse minimizzando. «Ti ricordi quella scuola nella zona est di Londra? Le persone degli appartamenti di fronte erano diffidenti finché non hanno capito di quanto sarebbe aumentato il valore della loro proprietà.»

Ma allora era stato diverso, volevo dirle. Non mi interessava ciò che quella gente pensava di me. E inoltre Vanessa non sapeva cosa significasse confrontarsi con Liza, che riusciva a trattarmi contemporaneamente come se non esistessi e con una specie di glaciale risentimento.

L’unica volta che l’avevo trovata da sola in cucina – Vanessa era di sopra – avevo mormorato: «L’ho detto a tua zia. Cercherò di fermarlo. Mi dispiace».

L’occhiata che mi aveva lanciato mi aveva gelato. «Ti dispiace di cosa, Mike? Che hai vissuto qui sotto mentite spoglie, che stai per rovinarci o che sei un falso doppio...»

«Mi hai detto che non volevi una relazione.»

«Tu non mi hai detto che ne avevi già una.» Detto questo la sua espressione si era chiusa, come se avesse lasciato trasparire troppo. Ma sapevo che cosa aveva provato. Nella mia testa avevo ripercorso quel momento in macchina come se fosse su una bobina. Avrei potuto ripetere a memoria parola per parola quello che ci eravamo detti.

Pensai alla mia doppiezza in altre circostanze e a come di solito finivo per chiamare Dennis e mi trovavo un altro lavoro di cui occuparmi. È questo il bello degli affari: sono un rifugio dalla miriade di problemi pratici. In affari sai sempre dove sei.

Raccontai a Vanessa perché pensassi che il progetto non fosse più buono come sulla carta. Non mi credeva, così la portai fuori sulla Moby One con molti turisti e le mostrai i delfini. Yoshi e Lance furono cortesi, ma io provavo un disagio quasi fisico per la mancanza di battute scherzose, mi mancavano i caustici insulti di Lance. Non ero più uno di loro. Lo sapevo, e anche loro lo sapevano.

La sensazione di silenziosa disapprovazione mi seguì per tutta la baia finché mi convinsi che anche i turisti coreani sul ponte superiore sapessero di cosa ero responsabile. «A questo punto potrei mettermi in mano un arpione e scrivere il cartello “Assassino di balene”» dissi, quando il silenzio divenne eccessivo.

Vanessa mi disse che me la prendevo troppo. «Perché dovrebbe importarti quello che pensano?» chiese.



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